Introduzione
Garantire la
libera circolazione di persone, servizi e capitali e la libertà
di stabilimento è sempre stato un obiettivo fondamentale per gli
Stati della Comunità Europea, dal Trattato di Schengen del 1985,
a quello di Maastricht ed Amsterdam, rispettivamente del 1992 e 1997.
Nell'ambito dell'esercizio dell'attività di avvocato, la Direttiva
77/249 recepita in Italia con la L 31/1982 ha disciplinato la libera prestazione
di servizi, ovvero la possibilità di prestare la propria attività
in uno Stato membro, alle stesse condizioni dei professionisti ivi residenti,
ma senza un insediamento permanente. La Direttiva 89/48 recepita in Italia
con il D.Lgs. 115/1992, invece, è intervenuta a regolare il diritto
di stabilimento, inteso come la possibilità di stabilirsi in uno
Stato membro diverso dal proprio, per esercitarvi un'attività non
salariata. Per agevolare l'esercizio di tale diritto, tale direttiva ha
sancito un generale riconoscimento dei titoli universitari conseguiti
nei Paesi membri, purché avessero una durata minima di tre anni,
predisponendo una serie di meccanismi compensativi onde ovviare alle differenze
esistenti fra i diplomi dei vari Paesi.
L'avvocato, per poter esercitare la professione in uno Stato membro diverso
dal proprio, deve presentare all'Ufficio di coordinamento della 89/48
(presente in tutti i Paesi UE presso il Ministero degli esteri, delle
Politiche comunitarie o altri dipartimenti equivalenti), i documenti che
attestano il conseguimento dei titoli; oppure un attestato che dimostri
l'esercizio dell'attività nel proprio Paese per due anni.
Qualora ciò non bastasse, sono previsti meccanismi compensativi
quali prove attitudinali (test ed esami) oppure un "tirocinio di
adattamento" affiancando al richiedente un professionista dello Stato
membro ospitante.
I tempi per esaurire questo iter sono molto lunghi. Con la Direttiva 95/5Ce,
la situazione è notevolmente cambiata.
È auspicabile un suo tempestivo recepimento, al fine di realizzare
concretamente la "libera prestazione di servizi" teoricamente
così ben elaborata.
L. 9 febbraio 1982, n. 31 (G.U. 12-2-1982, n. 42) - Libera prestazione
di servizi da parte degli avvocati cittadini degli Stati membri delle
Comunità europee
Titolo I
Esercizio in Italia, da parte degli avvocati degli altri Stati membri
delle Comunità europee, di attività professionali a titolo
di prestazione di servizi
1- QUALIFICA
PROFESSIONALE. - Sono considerati avvocati, ai sensi ed agli effetti del
presente titolo, i cittadini degli Stati membri delle Comunità
europee abilitati nello Stato membro di provenienza ad esercitare le proprie
attività
professionali con una delle seguenti denominazioni:
avocat-advocaat (Belgio);
advokat (Danimarca);
rechtsanwalt (Repubblica federale di Germania);
avocat (Francia);
barrister-solicitor (irlanda);
avocat-avoué (Lussemburgo);
advocaat (Paesi Bassi);
advocate-barrister-solicitor (Regno Unito).
- Giurisprudenza
-
Libera prestazione di servizi
La distinzione
delle professioni di avvocato e procuratore, sancita dal tuttora vigente
art. 2 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 - convertito nella legge 22
gennaio 1934, n. 36 - implica che le limitazioni poste alla seconda dalla
previsione della sua esercitabilità nel solo distretto in cui è
compreso l'ordine circondariale nel quale è iscritto il procuratore
operano anche nel caso in cui la qualità di procuratore ed avvocato
si cumulano nella medesima persona, non venendo meno siffatto divieto
di esercizio dello "ius postulandi extra districtum" a cagione
del fatto che la professione di avvocato può da tale persona essere
svolta in qualsiasi distretto: disciplina, questa, non modificata né
dalle nuove disposizioni, in materia di ordinamento professionale forense,
dettate dalla legge 24 luglio 1985, n. 406, né dalla legge 9 febbraio
1982, n. 31, che consente la libera prestazione di servizi da parte degli
avvocati cittadini degli Stati membri della Comunità europea. -
Cass. 17-7-1992, n. 8691, rv. 478240.
o La disciplina di cui all'art. 5 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578
- secondo cui i procuratori legali possono esercitare la professione solo
davanti agli uffici giudiziari del distretto in cui è compreso
l'ordine circondariale presso il quale sono iscritti - non contrasta con
gli artt. 59 e 60 del Trattato C.E.E., gli impongono agli Stati membri
l'abolizione di qualsiasi ostacolo territoriale alla libertà di
circolazione e prestazione di servizi nell'ambito della comunità,
né con la Direttiva comunitaria 22 marzo 1977, n. 249, che ha recepito
tale precetto con diretto riferimento all'esercizio della professione
forense, poiché la menzionata disciplina comunitaria attiene esclusivamente
all'attività di avvocato, in senso proprio, esercitata a titolo
di prestazione di servizi, e non anche all'attività di procuratore
legale; essa, inoltre, non è stata abrogata né modificata
dalle nuove disposizioni in materia di ordinamento professionale forense
dettate dalla legge 24 luglio 1985, n. 406 e dalla legge 9 febbraio 1982,
n. 31, che consente la libera prestazione di servizi da parte degli avvocati
cittadini degli Stati membri della Comunità europea. - Cass. 25-11-1993,
n. 11657, rv. 484485.
2- Prestazione
DI SERVIZI PROFESSIONALI. - Le persone di cui all'articolo 1 sono ammesse
all'esercizio delle attività professionali dell'avvocato, in sede
giudiziale e stragiudiziale, con carattere di temporaneità e secondo
le modalità
stabilite dal presente titolo. Per l'esercizio delle attività professionali
di cui al comma precedente, non è consentito stabilire nel territorio
della Repubblica uno studio né una sede principale o secondaria.
3 Uso DEL TITOLO.
- Gli avvocati indicati all'articolo 1 debbono fare uso del proprio titolo
professionale, espresso nella lingua o in una delle lingue dello Stato
membro di provenienza, con indicazione dell'organizzazione professionale
cui appartengono ovvero dell'autorità giurisdizionale presso la
quale sono ammessi ad esercitare la professione a norma delle disposizioni
vigenti in detto Stato.
4 Doveri. -
Per l'esercizio delle loro attività professionali, gli avvocati
indicati all'articolo 1 sono tenuti all'osservanza delle vigenti norme
legislative, professionali e deontologiche, ad eccezione di quelle riguardanti
il requisito
della cittadinanza italiana, il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza,
il superamento dell'esame di Stato, l'obbligo della residenza nel territorio
della Repubblica, l'iscrizione in un albo degli avocati e l'obbligo del
giuramento.
5 Incompatibilità
. - Si estendono agli avvocati indicati all'articolo 1 le norme sull'incompatibilità
previste dall'articolo 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.
1578 (1), convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934,
n. 36, e ulteriormente modificato con la legge 23 novembre 1939, n. 1949.
La disposizione di cui alla lettera b) del quarto comma del predetto articolo
3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933 si applica agli avvocati legati
da un
contratto di lavoro ad un ente pubblico o privato corrispondente, nello
Stato membro di provenienza, a quelli indicati nella citata lettera b).
(1) Si riporta
il testo dell'art. 3 R.D.L. 1578/ 1933 [v. in Parte I, Sez. I]:
"L'.esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore è
incompatibile con l'esercizio della professione di notaio, con l'esercizio
del commercio in nome proprio o in nome altrui, con la qualità
di ministro di qualunque culto avente giurisdizione o cura di anime, di
giornalista professionista, di direttore di banca, di mediatore, di agente
di cambio, di sensale, di ricevitore del lotto, di appaltatore di un pubblico
servizio o di una pubblica fornitura, di esattore di pubblici tributi
o di incaricato di gestioni esattoriali. È anche incompatibile
con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio
dello Stato, delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di
beneficenza, della Banca d'Italia, della lista civile, del gran magistero
degli ordini cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati ed in
genere in qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica soggetta
a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni. È
infine incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente
nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non
abbia carattere scientifico o letterario. Sono eccettuati dalla disposizione
del secondo comma:
a) i professori e gli assistenti delle università e degli altri
istituti superiori ed i professori degli istituti secondari dello Stato;
b) gli avvocati ed i procuratori degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi
denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso
secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente
presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco
speciale annesso all'albo".
- Giurisprudenza
-
INCOMPATIBILITA'
La RAI - rientrando
fra gli enti strutturati come società per azioni, pur connotati
da caratteri pubblicistici in relazione alle funzioni svolte, ai vincoli
posti alla loro attività, ai controlli su di essi esercitati da
organi dello Stato ed all'appartenenza o alla provenienza pubblica del
loro capitale - non può essere inclusa fra gli enti (pubblici)
per i cui dipendenti l'art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 prevede
una deroga al principio dell'incompatibilità dell'esercizio della
professione di avvocato e procuratore con la qualità di impiegato;
né rileva in contrario che la legge 6 agosto 1990, n. 223 (sulla
disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato) qualifichi
la stessa RAI "concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo",
nonché "società di interesse nazionale ai sensi dell'art.
2461 del codice civile", e che l'art. 5 della legge 9 febbraio 1982,
n. 31 (regolante la libera prestazione di servizi da parte di avvocati
cittadini di Stati membri delle comunità europee) estenda la disposizione
dell'art. 3, quarto comma, lett. b), della legge professionale "agli
avvocati legati da un contratto di lavoro ad un ente pubblico o privato
corrispondente, nello stato di provenienza, a quelli indicati nella citata
lettera b) ", restando altresì escluso che l'art. 3 del R.D.L.
del 1933, interpretato nel senso su esposto, contrasti con gli artt. 3,
4, 11, 24, 41 e 97 della Costituzione. - Cass. 9-12-1992, n. 13005, rv.
479941.
PRESTAZIONI
GIUDIZIALI. - Nell'esercizio delle attività relative alla difesa
nei giudizi civili, penali ed amministrativi, gli avvocati indicati all'articolo
1 sono tenuti all'osservanza, oltre che delle prescrizioni di cui agli
articoli 4 e 5, delle
seguenti condizioni:
a) l'assunzione dell'incarico deve essere tempestivamente comunicata all'autorità
adita nonché al presidente dell'ordine degli avvocati competente
per territorio;
b) le prestazioni connesse con 1'incarico debbono essere svolte di concerto
con un avvocato (1) iscritto all'albo ed abilitato all'esercizio della
professione dinanzi all'autorità adita;
c) l'avvocato (1) di cui alla precedente lettera b) assicura i rapporti
con l'autorità adita e si impegna, nei confronti della medesima
e nello svolgimento delle prestazioni professionali considerate, all'osservanza
dei doveri imposti ai difensori dalle norme vigenti.
(1) Ai sensi
della L. 27/1997 [v. in Parte I, Sez. I] il termine "procuratore
legale" è stato soppresso o sostituito da "avvocato".
7 - PRESTAZIONI
STRAGIUDIZIALI. - Nello svolgimento delle prestazioni stragiudiziali,
gli avvocati indicati all'articolo 1 sono tenuti all'osservanza, oltre
che delle prescrizioni di cui agli articoli 4 e 5, delle norme che garantiscono
il corretto esercizio dell'attività professionale e la dignità
della professione, ivi comprese le norme riguardanti il segreto professionale,
la riservatezza ed il divieto di pubblicità.
8 - PATROCINIO
DAVANTI ALLE GIURISDIZIONI SUPERIORI - Gli avvocati indicati all'articolo
1 sono ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione ed alle
altre giurisdizioni di cui all'articolo 4, secondo comma, del regio decreto-legge
27 novembre 1933, n. 1578 (1), convertito, con modificazioni, nella legge
22 gennaio 1934, n. 36, indipendentemente dall'iscrizione nell'albo speciale
di cui all'articolo 33 del predetto regio decreto-legge n. 1578, purché
dimostrino di aver esercitato la professione per almeno otto anni (2)
ovvero di essere ammessi ad esercitare la professione nello Stato membro
di provenienza dinanzi ad autorità giuridisdizionali corrispondenti.
(1) Si riporta
il testo dell'art. 4 R.D.L. 1578/ 1933 [v. in Parte I, Sez. I]:
"Gli avvocati iscritti in un albo possono esercitare la professione
davanti a tutte le corti d'appello, i tribunali e le preture della Repubblica.
Davanti alla Corte di cassazione, al Consiglio di Stato ed alla Corte
dei Conti in sede giurisdizionale, al Tribunale supremo militare, al Tribunale
superiore delle acque pubbliche ed alla Commis sione centrale per le imposte
dirette il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati
iscritti nell'albo speciale di cui all'art. 33".
(2) L'art. 33 R.D.L. 1578/1933 [v. in Parte I, Sez. I] è stato
modificato dalla L. 27/1997 [v. in Parte I, Sez. I] che, avendo soppresso
l'Albo dei procuratori legali, ha ritoccato anche il periodo di tempo
necessario per accedere alle giurisdizioni superiori: da 8 anni si è
passati a 12 dal superamento dell'esame di avvocato e l'iscrizione all'Albo.
9 - OBBLIGO
E CONTENUTO DELLA COMUNICAZIONE. - Prima dell'inizio delle attività
professionali nel territorio della Repubblica, gli avvocati indicati all'art.
1 sono tenuti ad inviare, direttamente al presidente dell'ordine degli
avvocati nella cui circoscrizione l'attività stessa deve essere
svolta, apposita comunicazione in lingua italiana contenente:
1) nome, cognome, luogo e data di nascita, cittadinanza e residenza o
domicilio professionale;
2) titolo professionale posseduto ed organizzazione professionale cui
sono iscritti ovvero autorità giurisdizionale presso la quale esercitano
la professione a norma delle disposizioni vigenti nello Stato di provenienza;
3) recapito in Italia nel periodo di permanenza;
4) dichiarazione, sotto la propria responsabilità di non trovarsi
in alcuna delle condizioni di incompatibilità indicate al precedente
art. 5, e di non aver riportato sanzioni penali, amministrative o professionali
che possano influire su11'esercizio dell'attività professionale;
5) eventuale appartenenza a società professionali;
6) per lo svolgimento delle attività di rappresentanza e difesa
in giudizio, indicazione dell'avvocato o procuratore di cui alla lettera
b) dell'art. 6 nonché della durata prevista dell'attività
da svolgere.
10 - DOCUMENTAZIONE
. - Ove lo ritenga opportuno, e comunque nel caso che le attività
professionali da svolgere siano relative alla rappresentanza e difesa
in giudizio o dinanzi alle autorità pubbliche, il presidente dell'ordine
degli
avvocati richiede all'avvocato che ha trasmesso la comunicazione di cui
all'articolo precedente idonea documentazione riguardante il possesso
di uno dei titoli professionali indicati all'art. 1 ed il legale esercizio
nello Stato membro di
provenienza delle attività in questione.
11 - DISCIPLINA
PROFESSIONALE. - Nell'esercizio delle loro attività professionali,
gli avvocati indicati all'art. I sono soggetti, per ogni violazione delle
disposizioni contenute o richiamate nel presente titolo, al potere disciplinare
del
consiglio dell'ordine competente per territorio. Sono ad essi applicabili,
con le modalità e le procedure previste dall'ordinamento professionale,
le sanzioni disciplinari contemplate dalle norme vigenti. Per l'istruttoria
nei procedimenti disciplinari, il consiglio dell'ordine può richiedere
direttamente le informazioni necessarie all'organizzazione professio-
nale di appartenenza dell'interessato ovvero all'autorità giurisdizionale
presso cui è ammesso a esercitare la professione.
Le decisioni adottate, in materia disciplinare, dai consigli dell'ordine
degli avvocati e dal Consiglio nazionale forense sono immediatamente e
direttamente comunicate all'organizzazione o all'autorità di cui
al comma precedente.
12 - ADEMPIMENTI
DEI CONSIGLI DELL' ORDINE E DEL Consiglio NAZIONALE FORENSE.
- I consigli dell'ordine degli avvocati trasmettono al Consiglio nazionale
forense copia delle comunicazioni di cui all'art. 9 e lo informano delle
determinazioni adottate nei confronti degli avvocati indicati all'art.
1. Sia i consigli de11'ordine sia il Consiglio nazionale forense prendono
nota, in apposito registro, degli avvocati che svolgono attività
professionale in applicazione della presente legge, nei loro confronti.
13 - TARIFFE
- Per le attività professionali svolte sono dovuti agli avvocati
indicati all'articolo 1 gli onorari, i diritti e le indennità nella
misura stabilita in materia giudiziale e stragiudiziale a norma del vigente
ordinamento professio-
nale (1).
(1) Per le
tariffe dei compensi da attribuire per l'attività professionale
[v. in Parte I, Sez. III].
Titolo II
Esercizio negli Stati membri delle Comunità europee, da parte degli
avvocati italiani, di attività professionali a titolo di prestazione
di servizi
14 - ADEMPIMENTI
DEI CONSIGLI DELL' ORDINE DEGLI AVVOCATI. - I consigli dell'ordine degli
avvocati rilasciano, su istanza degli avvocati iscritti all'albo che svolgono
attività professionale negli altri Stati membri delle Comunità
europee oppure su richiesta delle competenti autorità degli Stati
predetti, attestati, certificazioni e notizie concernenti la posizione
professionale degli interessati.
15 - DISCIPLINA
PROFESSIONALE. -
I consigli dell'ordine degli avvocati, non appena vengano a conoscenza
di abusi o mancanze o comunque di fatti non conformi alla dignità
ed al decoro professionale, commessi nell'esercizio dell'attività
professionale in un altro Stato membro delle Comunità europee da
avvocati iscritti nell'albo, iniziano d'ufficio - indipendentemente dai
provvedi-
menti adottati dalle autorità di detto Stato - procedimento disciplinare
con l'osservanza delle norme vigenti. L'esito del procedimento e le decisioni
adottate sono comunicate direttamente alla competente autorità
di detto Stato.
D.Lgs. 27 gennaio
1992, n. 115 (G. U. 18-2-1992, n, 40). - Attuazione della direttiva n.
89/48/CEE relativa ad un sistema generale di ricono-scimento dei diplomi
di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una
durata minima di tre anni.
1 - RICONOSCIMENTO
DEI TITOLI DI FORMAZIONE PROFESSIONale ACQUISITI NELLA
Comunità Europea - 1. Alle condizioni stabilite dalle disposizioni
del presente decreto, sono riconosciuti in Italia i titoli rilasciati
da un Paese membro della Comunità europea attestanti una formazione
professionale al cui possesso la legislazione del medesimo Stato subordina
l'esercizio di una professione.
2. Il riconoscimento è concesso a favore del cittadino comunitario
ai fini dell'esercizio in Italia, come lavoratore autonomo o dipendente,
della professio-ne corrispondente a quella cui è abilitato nel
Paese che ha rilasciato i titoli di cui al precedente comma.
3. I titoli sono ammessi al riconoscimento se includono l'attestazione
che il richiedente ha seguito con successo un ciclo di studi postsecondari
di durata minima di tre anni o di durata equivalente a tempo parziale,
in una università o in un istituto di istruzione superiore o in
altro istituto dello stesso livéllo di formazione.
4. Se la formazione è stata acquisita, per una durata superiore
a un terzo, in un Paese non appartenente alla Comunità europea,
il riconoscimento è ammissibile se il Paese membro che ha riconosciuto
i titoli acquisiti nel Paese terzo certifica, oltre al possesso del titolo
formale, che il richiedente è in possesso di una esperienza professionale
di tre anni.
2 - PROFESSIONI
l. Ai fini del presente decreto si considerano professioni:
a) le attività per il cui esercizio è richiesta la iscrizione
in albi, registri ed elenchi, tenuti da amministrazioni o enti pubblici,
se la iscrizione è subordinata al possesso di una formazione professionale
rispondente al requisito di cui al
comma 3 dell'art. 1 (1);
b) i rapporti di impiego pubblico o privato, se l'accesso ai medesimi
è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al
possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui
al comma 3 dell'art. 1 (1);
c) le attività esercitate con l'impiego di un titolo professionale
il cui uso è riservato a chi possiede una formazione professionale
rispondente al requisito di cui al comma 3 dell'art. 1 (1);
d) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il
possesso di una formazione professionale rispondente al requisito di cui
al comma 3 dell'art. 1(1) è condizione determinante ai fini della
retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso.
(1) Il comma
richiamato stabilisce che i titoli di formazione professionale acquisiti
nella comunità europea sono ammessi al riconoscimento in Italia
se attestano che il richiedente ha seguito con successo un ciclo di studi
postsecondari di durata minima di tre anni in una università o
istituto equivalente.
3 FORMAZIONI
PROFESSIONALI NON ABILITANTI NEL Paese DI PROVENIENZA. -
l. Il cittadino comunitario può ottenere il riconoscimento ai sensi
dell'art. 1 anche nel caso in cui la professione da esercitare in Italia
corrisponde, nel Paese di provenienza, ad una professione il cui esercizio
non è subordinato al possesso di titoli di formazione professionale.
A tal fine è necessario che il richiedente:
a) sia in possesso di titoli rispondenti al requisito di cui all'art.
1, comma 3 (1), di cui sia attestata la idoneità ad assicurare
la sua formazione professionale;
b) abbia esercitato a tempo pieno la professione per la durata di due
anni negli ultimi dieci anni.
2. L'esercizio professionale di cui alla lettera b) del precedente comma
e computabile anche ai fini dell'applicazione dell'art. 5, secondo comma.
3. Il requisito di cui alla lettera) del primo comma e ugualmente soddisfatto
se il richiedente possiede titoli riconosciuti equivalenti dal Paese di
provenienza ed il riconoscimento e stato notificato alla Commissione delle
Comunità
europee e alla Repubblica italiana.
4. I titoli ammessi ai sensi dei precedenti commi devono attestare una
formazione integralmente acquisita nella Comunità europea.
(1) V. art.
2 nota (1).
4 - TITOLI
PROFESSIONALI ASSIMILATI. -
1. Sono ammessi al riconoscimento i titoli che abilitano all'esercizio
di una professione a parità di condizioni con altri
titoli rispondenti al requisito di cui all'art. 1, comma 3 (1), e che
sano riconosciuti di livello equivalente ai titoli predetti.
2. I titoli ammessi ai sensi del comma 1 devono attestare una formazione
integralmente acquisita nella Comunità europea.
(1) V. art.
2 nota (1).
5 - COMPOSIZIONE E DURATA DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE. -1. La formazione
professionale attestata dai titoli oggetto di riconoscimento rispondenti
ai requisiti di cui all'art. 1, comma 3 (1), o all'art. 4 del presente
decreto (2) può consistere:
a) nello svolgimento con profitto di un ciclo di studi post-secondari;
b) in un tirocinio professionale effettuato sotto la guida di un istruttore
e sanzionato da un esame;
c) in un periodo di attività professionale pratica sotto la guida
di un professionista qualificato.
2. Quando la formazione professionale attestata dai titoli e inferiore
di almeno un anno a quella prevista in Italia, ai fini del riconoscimento
e necessaria la prova di una esperienza professionale di durata doppia
del periodo mancante, se questo si riferisce alle lettere a) e b) del
comma precedente, e di durata pari al periodo mancante se riferito alla
lettera c) del precedente comma. In ogni caso, non può richiedersi
la prova di una esperienza professionale superiore ai quattro anni.
(1) V. art.
2 nota (1). requisiti predeterminati [v. 1 co. 3] e che attestano
(2) Si tratta dei titoli professionali riconosciuti di livello equivalente
a quelli che rispondono a requisiti predeterminati (v.1 co.3) e che attestano
una formazione professionale integralmente acquisita nella Comunita europea.
6 - MISURE
COMPENSATIVE. - 1. Il riconoscimento è subordinato, a scelta del
richiedente, al compimento di un tirocinio di adattamento della durata
massima di tre anni oppure al superamento di una prova attitudinale:
a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cui all'art.
1 e all'art. 3 verte su materie sostanzialmente diverse da quelle contemplate
nella formazione professionale prescritta dalla legislazione vigente;
-
b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento dei titoli comprende
attività professionali che non esistono nella professione corrispondente
del Paese che ha rilasciato i titoli 'o nella professione esercitata ai
sensi dell'art. 3,
lettera b) (I).
2. Il riconoscimento è subordinato al superamento di una prova
attitudinale se riguarda le professioni (2) di avvocato, di commercialista
e di consulente per la proprietà industriale.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto
con i Ministri interessati, osservata la procedura comunitaria di preventiva
comunicazione e in assenza di tempestiva opposizione della Commissione
delle Comunità europee, possono essere individuati, con riferimento
alle situazioni previste dagli articoli 3 e 4, altri casi di obbligatorietà
della prova attitudinale.
4. Nei casi in cui è richiesto il tirocinio o la prova attitudinale,
non si applica il secondo comma dell'art. 5 del presente decreto.
(1) L'articolo
richiamato si riferisce alla professione esercitata a tempo pieno per
la durata di due anni negli ultimi dieci anni.
(2) Ai sensi
della l. 27/1997 [v. in Parte l, sez. I] il termine "procuratore
legale" si intende soppresso o sostituito con il termine "avvocato".
7 - TIROCINIO
DI ADATTAMENTO. - l. Il tirocinio di adattamento consiste nell'esercizio
in Italia dell'attività corrispondente alla professione in relazione
alla quale è richiesto il riconoscimento, svolto sotto la responsabilità
di un
professionista abilitato.
2. Il tirocinio può essere accompagnato da una formazione complementare.
3. Il tirocinio è oggetto di valutazione finale.
4. In caso di valutazione finale sfavorevole, il tirocinio può
essere ripetuto.
8 - PROVA ATTITUDINALE.
- 1. La prova attitudinale consiste in un esame volto ad accertare le
conoscenze professionali e deontologiche ed a valutare la capacità
aIl'esercizio della professione, tenendo conto che il richiedente il
riconoscimento è un professionista qualificato nel Paese di origine
o di provenienza.
2. Le materie su cui svolgere l'esame devono essere scelte in relazione
alla loro importanza essenziale per l'esercizio della professione.
3. In caso di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere
ripetuta non prima di sei mesi.
9 - DISPOSIZIONI
APPLICATIVE DELLE MISURE COMPENSATIVE. -
1. Con decreti del Ministro competente ai sensi dell'art. 11, di concerto
con il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie e con
il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
sentito il Consiglio di Stato, sono emanate disposizioni e direttive generali
per l'applicazione degli articoli 5, 6, 7 e 8, con riferimento alle singole
professioni e alle relative formazioni professionali.
10 - REQUISITI
FORMALI DEI TITOLI. -
l. I documenti da esibire ai fini del riconoscimento devono essere accompagnati,
se redatti in lingua straniera, da una traduzione in lingua italiana certificata
conforme al testo originale dalle autorità diplomatiche o consolari
italiane del Paese in cui i documenti sono stati redatti, oppure da un
traduttore ufficiale.
11 - COMPETENZE
PER IL RICONOSCIMENTO. - 1. Sulle domande di riconoscimento sono competenti
a pronunciarsi:
a) il Ministero titolare della vigilanza sulle professioni di cui all'art.
2, lettera a), individuato nell'allegato A del presente decreto. L'allegato
può essere modificato o integrato, tenuto conto delle disposizioni
vigenti o sopravvenute
nei vari settori professionali, con decreto del Presidente del Consiglio
deiMinistri;
b) il Ministero per la funzione pubblica, per le professioni consistenti
in rapporti di pubblico impiego, salvo quanto previsto alle successive
lettere c), d) ed e);
c) il Ministero della sanità per le professioni sanitarie;
d) il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica
per il personale ricercatore universitario;
e) il Ministero della pubblica istruzione per il personale docente delle
scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica compresi i conservatori,
le accademie e gli istituti superiori per le industrie artistiche;
f) il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
in ogni altro caso.
12 - PROCEDURA
DI RICONOSCIMENTO. - 1. La domanda di riconoscimento deve essere presentata
al Ministero competente, corredata della documentazione relativa ai titoli
da riconoscere, rispondente ai requisiti indicati all'art. 10 (1).
2. La domanda deve indicare la professione o le professioni di cui all'art.
2, in relazione alle quali il riconoscimento è richiesto.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, il Ministero accerta
la completezza della documentazione esibita, comunicando all'interessato
le eventuali necessarie integrazioni.
4. Per la valutazione dei titoli acquisiti, il Ministero competente indice
una conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/90 (2) alla quale
partecipano i rappresentanti:
a) degli altri Ministeri di cui all'allegato A;
b) del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie;
c) del Ministero degli affari esteri;
d) del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica;
e) del Dipartimento per la funzione pubblica.
Nella conferenza sono sentiti un rappresentante dell'ordine o della categoria
professionale ed un docente universitario in rappresentanza delle università
designato dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica.
5. Sul riconoscimento provvede il Ministro competente con decreto da emettersi
nel termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda o della
sua integrazione a norma del precedente comma 3.
6. Nei casi di cui all'art. 6, il decreto stabilisce le condizioni del
tirocinio di adattamento o della prova attitudinale, individuando l'ente
o organo competente a norma dell'art. 15.
7. I decreti di cui al precedente comma 5 sono pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale.
8. I precedenti commi 4 e 7 non si applicano se la domanda di riconoscimento
ha per oggetto titoli identici a quelli su cui è stato provveduto
con precedente decreto.
(1) Ai sensi
dell'articolo richiamato i documenti necessari a fini del riconoscimento,
se redatti in lingua straniera, devono essere accompagnati da una traduzione
in lingua italiana, certifi-cata conforme al testo originale dalle autorità
diplomatiche o consolari italiane del Paese in cui i documenti sono stati
redatti.
(2) Si tratta della normativa recante disposizioni in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
13 - EFFETTI
DEL RICONOSCIMENTO. - l. Il decreto di riconoscimento attribuisce al beneficiario
il diritto di accedere alla professione e di esercitarla, nel rispetto
delle condizioni richieste dalla normativa vigente ai cittadini italiani,
diverse dal possesso della formazione e delle qualifiche professionali.
2. Resta salvo il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso
ai rapporti di pubblico impiego e per l'esercizio di professioni nei casi
previsti dagli articoli 48, 55 e 66 del Trattato istitutivo della Comunità
economica europea (1).
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro per il
coordinamento delle politiche comunitarie, del Ministro interessato e
del Ministro del tesoro, sono individuati i rapporti e le qualifiche di
pubblico impiego ai quali i cittadini comunitari sono ammessi a parità
di condizioni con i cittadini italiani.
4. Alla individuazione si provvede secondo criteri conformi alla interpreta-zione
dell'art. 48, ultimo comma, del trattato CEE risultante dalle sentenze
che la Corte di giustizia delle Comunità europee emette.
(1) Occorre
precisare che, con la nuova numerazione prevista dal Trattato di Amsterdam
(firmato
il 2 ottobre 1997), gli articoli richiamati sono diventati rispettivamente
il 39, 45 e 66, e tutti fanno parte del Titolo III che disciplina la libera
circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali.
14 - USO DEL
TITOLO PROFESSIONALE E DEL TITOLO DI STUDIO. - 1. I cittadini di uno Stato
membro della Comunità europea che sono stati ammessi all'esercizio
di una professione ai sensi del presente decreto, fermo il diritto all'uso
del corrispondente titolo professionale previsto in Italia, hanno diritto
di far uso del titolo di studio conseguito nel Paese di origine o di provenienza
nella lingua di tale Stato. Il titolo di studio deve essere seguito dal
nome e dalla sede dell'istituto o della commissione che lo ha rilasciato.
15 - ESECUZIONE
DELLE MISURE COMPENSATIVE. - 1. Gli adempimenti relativi alla esecuzione
e valutazione del tirocinio di adattamento e della prova attitudinale
sono di competenza degli enti e degli organi che presiedono alla tenuta
degli albi, elenchi o registri professionali.
2. In assenza degli enti o degli organi di cui al precedente comma 1 provvedono:
a) il Ministero per la funzione pubblica in relazione all'accesso a rapporti
o qualifiche di pubblico impiego e il Ministro della pubblica istruzione
nei casi di cui alla lettera e) dell'art. 11;
b) il Ministero della sanità in relazione alle professioni sanitarie;
c) il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica
in ogni altro caso.
16 - PROVA
DEI REQUISITI NON PROFESSIONALI. - 1. Nei casi in cui per l'ammissione
all'esercizio della professione sono richiesti requisiti di onorabilità,
di moralità, di assenza di dichiarazione di fallimento, di assenza
di condanne penali, i soggetti che hanno ottenuto il riconoscimento ai
sensi dell'art. 1 possono avvalersi, ai fini della relativa prova, di
documenti rilasciati dalle autorità competenti del Paese di origine
o di provenienza, che attestano il
possesso dei requisiti medesimi.
2. I documenti di cui al precedente comma, se non ne è previsto
il rilascio nel Paese di origine o di provenienza, possono essere sostituiti
da un attestato rilasciato da un organo giurisdizionale o amministrativo,
da un notaio o da un
organismo professionale, certificante il ricevimento di una dichiarazione
giura-ta, o, se non ammessa, di una dichiarazione solenne, del soggetto
interessato sul possesso del requisito per l'ammissione all'esercizio
della professione.
3. La sana costituzione fisica o psichica del richiedente, può
essere provata con il corrispondente documento prescritto nel Paese di
origine o di provenien-za; se tale documento non è prescritto,
con attestato rilasciato da autorità competente del Paese medesimo,
conforme a quanto richiesto dalle disposizioni vigenti in Italia.
4. Al momento della loro presentazione, i documenti di cui ai precedenti
commi non devono essere di data anteriore a tre mesi e debbono altresì
soddisfare a quanto disposto dal precedente art. 10 (1).
(1) V. art.
12 nota (1).
17 - CERTIFICAZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DEI TITOLI RILASCIATI IN Italia.
- l.
Ai fini del riconoscimento in altri Paesi della Comunità europea,
il valore abilitante all'esercizio della professione dei titoli di formazione
professionale di cui agli articoli 1 e 4 conseguiti in Italia è
certificato dai Ministeri competenti a norma dell'art. 11.
2. I predetti Ministeri sono altresì competenti ad individuare
le formazioni professionali equivalenti a norma del precedente art. 3,
quarto comma, da notificare alla Commissione e agli altri Paesi della
Comunità europea a cura del Ministero degli affari esteri.
18 - RELAZIONE
ALLA COMMISSIONE DELLE COMUNITA' EUROPEE. - l. Al fine di predisporre
la relazione alla Commissione delle Comunità europee sull'applicazione
del presente decreto, i Ministeri competenti mettono a disposizione del
Dipartimento per il coordinamento d-!le politiche comunitarie le informa-
zioni e i dati statistici necessari.
2. Il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie assolve
altresì ai compiti:
a) di coordinatore nazionale presso la Commissione delle Comunità
europee;
b) di informazione sulle condizioni e procedure di riconoscimento dei
titoli di formazione professionale ai sensi del presente decreto.
19 - MATERIE
NON REGOLATE. - 1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano
alle professioni regolate da direttive della Comunità economica
europea relative al reciproco riconoscimento di diplomi.
D.Lgs. 2 maggio 1994, n. 319 (G.U. 28-5-1994, n. 123). - Attuazione della
direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di ricono-scimento
della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/ CEE
1 - RICONOSCIMENTO
DEI TITOLI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE ACQUISITI NELLA
COMUUNITA' EUROPEA. - 1. Alle condizioni stabilite dalle disposizioni
del presente decreto, sono riconosciuti in Italia i titoli rilasciati
da un Paese membro della Comunità europea attestanti una formazione
professionale al cui possesso la legislazione del medesimo Stato subordina
l'esercizio di una professione.
2. Il riconoscimento è concesso a favore del cittadino comunitario
ai fini dell'esercizio in Italia, come lavoratore autonomo o dipendente,
della professione corrispondente a quella cui è abilitato nel Paese
che ha rilasciato i titoli di cui
al presente articolo.
3. I titoli sono ammessi al riconoscimento se includono l'attestazione
che il richiedente ha seguito con successo:
a) un ciclo di studi postsecondari diverso da quello previsto all'art.
1, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115 (1), della
durata di almeno un anno, oppure di durata equivalente a tempo parziale,
per il quale una delle condizioni di accesso é, di norma, quella
di aver portato a termine il ciclo di studi secondari richiesto per accedere
all'insegnamento universitario, oppure uno dei cicli di formazione che
figurano all'allegato A al presente decreto.
L'allegato è modificato ed integrato con decreto del Ministro per
il coordinamento delle politiche comunitarie da adottarsi ai sensi dell'art.
17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), al fine di adeguarlo alle modificazioni
eventualmente
apportate all'allegato C della direttiva 92/51/CEE del 18 giugno 1992;
b) successivamente al compimento di un ciclo di studi secondari, un ciclo
di studi o di formazione, diverso da quelli di cui alla lettera a), impartito
in un istituto di istruzione o in una impresa, o, in alternativa, in un
istituto di istruzione e in una impresa;
c) un ciclo di studi secondari a carattere tecnico o professionale.
4. Sono, altresì, ammessi al riconoscimento i titoli:
a) rilasciati in seguito ad una valutazione delle qualifiche personali,
delle attitudini o delle conoscenze del richiedente ritenute essenziali
per l'esercizio di una professione da un'autorità designata in
conformità delle disposizioni legislative regolamentari o amministrative
di uno Stato membro, senza che sia richiesta la prova di una formazione
preliminare;
b) che sanciscono una formazione che non fa parte di un insieme costituente
un titolo ai sensi dell'art. 1, comma 3, Cel decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 115 (1), o un titolo ai sensi delle lettere a), b), e c) del
comma precedente;
b) sia in possesso di un titolo rispondente ai requisiti indicati all'art.
1, comma 3, lettera b), lettera c), che attesti la idoneità all'esercizio
della professione e abbia esercitato a tempo pieno la professione per
la durata di due anni negli ultimi dieci anni;
c) sia in possesso di un titolo, rispondente ai requisiti indicati all'art.
1, comma 3, la cui struttura ed il cui livello siano disciplinati da disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative, o siano soggetti a controllo
o autorizzazione di una autorità a tale scopo designata, che sia
specificamente orientato all'esercizio di una professione;
d) dimostri di essere in possesso di qualiFiche, attitudini e conoscenze
di cui all'art. 1, comma 4, lettera a);
e) sia in possesso di una formazione indicata nell'allegato B al presente
decreto. Si applica, per la modifica dell'allegato la disposizione di
cui all'art. 1, comma 3,lettera a). Le formazioni elencate all'allegato
B rispondono ai requisiti
di cui all'art. 1, comma 3, lettera a).
2. I requisiti di cui alle lettere a) e b) del primo comma sono ugualmente
soddisfatti se il richiedente possiede titoli riconosciuti equivalenti
dal Paese di provenienza ed il riconoscimento è stato notificato
alla Commissione della
Comunità europea e alla Repubblica italiana.
3. I titoli ammessi ai sensi dei precedenti commi devono attestare una
formazione integralmente acquisita nella Comunità europea.
4 TITOLI PROFESSIONALI
ASSIMILATI - 1. Sono ammessi al riconoscimento i titoli che abilitano
all'esercizio di una professione a parità di condizioni con altri
titoli rispondenti al requisito di cui all'art. 1, comma 3, e che sono
riconosciuti di livello equivalente ai titoli predetti.
2. I titoli ammessi ai sensi del comma 1 devono attestare una formazione
integralmente acquisita nella Comunità europea,
5 - COMPOSIZIONE
E DURATA DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE. - 1. La formazione professionale
attestata dai titoli oggetto di riconoscimento rispondenti ai requisiti
indicati all'art. 1, commi 3 e 4, o all'art. 4, può consistere:
a) nello svolgimento con proFitto di un ciclo di studi di cui all'art
1, comma 3;
b) in un tirocinio professionale effettuato sotto la guida di un istruttore
e sanzionato da un esame;
c) in un periodo di attività professionale pratica sotto la guida
di un professionista qualificato.
6 - MISURE
COMPENSATIVE- 1. Qualora il richiedente sia in possesso di un titolo di
formazione dello stesso livello o di livello superiore a quello prescritto
per l'accesso o l'esercizio delle attività di cui all'art. 2, il
riconoscimento è subordinato, a scelta del richiedente, al compimento
di un tirocinio di adattamento della durata massima di tre anni oppure
al superamento di una prova attitudinale:
a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cui all'art.
I e all'art. 3 verte su materie sostanzialmente diverse da quelle contemplate
nella formazione professionale prescritta dalla legislazione vigente;
b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento dei titoli comprende
attività professionali che non esistono nella professione corrispondente
del Paese che ha rilasciato i titoli o nella professione esercitata ai
sensi dell'art. 3,
comma 1.
2. Il riconoscimento é, altresì, subordinato, a scelta del
richiedente, al compimento di un tirocinio di adattamento della durata
massima di tre anni, oppure al superamento di una prova attitudinale,
se riguarda professioni per il
cui accesso o esercizio è richiesto il possesso di un titolo di
formazione rispondente ai requisiti dell'art. 1, comma 3, lettera a),
ed il richiedente possiede un titolo di formazione rispondente ai requisiti
di cui all'art. 1, comma 3, lettera
b) o lettera c).
7 - ADEGUAMENTO
DURATA FORMAZIONE PROFESSIONALE. - 1. Quando la durata della formazione
fatta valere dal richiedente ai sensi dell'art. 1, comma 3, lettera a),
o dell'art. 3, comma 1, lettera a), è inferiore di almeno un anno
a quella prescritta, ai fini del riconoscimento del titolo, dal medesimo
art. 1, comma 3, lettera a), può essere richiesta la prova del
possesso di una esperienza professionale di durata doppia del periodo
di formazione mancante nelle ipotesi di cui all'art. 5, comma 1, lettera
a) o lettera b), e di durata pari al periodo mancante
nell'ipotesi di cui all'art. 5, comma 1, lettera c).
2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente
è computabile l'esercizio professionale contemplato all'art. 3,
comma 1,lettera a).
8 - FATTISPECIE
DI APPLICAZIONE DELLA PROVA ATIlTUDINALE. - l. Il riconoscimento è
subordinato al superamento della prova attitudinale:
a) se riguarda professioni per il cui accesso o esercizio è richiesto
il possesso di un titolo di formazione, ai sensi dell'art. 1, comma 3,
del decreto legislativo 27 gennaio 199Z, n. 115 (1), attestante il compimento
di un ciclo di studi
postsecondari di durata non superiore a quattro anni ed il richiedente
possieda uno dei titoli di formazione indicati all'art. 1, comma 1, lettera
a), o all'art. 3, comma 1, lettera a);
b) se riguarda professioni per il cui accesso o esercizio è richiesta
una precisa conoscenza del diritto nazionale ed in cui un elemento costante
dell'attività consiste nel fornire consulenza e/o assistenza concernente
il diritto nazionale;
c) se riguarda professioni per il cui accesso o esercizio è richiesto
il possesso di un titolo di formazione rispondente ai requisiti di cui
all'art. 1, comma 3, lettera b) o lettera c), ed il richiedente, pur non
essendo in possesso di uno dei
titoli di formazione previsti all'art. 1, comma 3, o all'art. 3, comma
1, ha esercitato, nel corso dei dieci anni precedenti la pofessione a
tempo pieno per tre anni consecutivi in uno stato membro della Comunità
europea, oppure a
tempo parziale per una durata equivalente.
(1) "Riconoscimento
dei titoli di formazione professionali acquisiti nella Comunità
europea" [v. in questa Parte].
9 - TIROCINIO
DI ADATTAMENTO- 1. Il tirocinio di adattamento consiste nell'esercizio
dell'attività corrispondente alla professione in relazione alla
quale è richiesto il riconoscimento, svolta sotto la responsabilità
di un professionista
abilitato.
2. Il tirocinio può essere accompagnato da una formazione complementare.
3. Il tirocinio è oggetto di valutazione finale.
4. In caso di valutazione finale sfavorevole, il tirocinio può
essere ripetuto.
10 - PROVA
ATTITUDINALE. - 1. La prova attitudinale consiste in un esame volto ad
accertare le conoscenze professionali e deontologiche ed a valutare la
capacità all'esercizio della professione, tenendo conto che il
richiedente il riconoscimento è un professionista qualificato nel
Paese di origine o di provenienza.
2. Le materie su cui svolgere l'esame devono essere scelte in relazione
alla loro importanza essenziale per l'esercizio della professione.
3. In caso di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere
ripetuta non prima di sei mesi.
11 - DISPOSIZIONI
APPLICATIVE MISURE COMPENSATIVE. - 1. Con decreti del Ministro competente
ai sensi dell'art. 13, di concerto con i Ministri per il coordinamento
delle politiche comunitarie, della pubblica istruzione e del lavoro e
della previdenza sociale, sono emanate disposizioni e direttive generali
per l'applicazione degli articoli 5, 6, 8, 9, 10, con riferimento alle
singole professioni ed alle relative formazioni professionali.
12 - REQUISITI
FORMALI DEI TITOLI. - l. I documenti da esibire ai fini del riconoscimento
devono essere accompagnati, se redatti in lingua straniera, da una traduzione
in lingua italiana certificata conforme al testo originale dalle
autorità diplomatiche o consolari italiane del Paese in cui i documenti
sono stati redatti, oppure da un traduttore ufficiale.
13 - COMPETENZE
PER IL RICONOSCIMENTO. - 1. Sulle domande di riconoscimento sono competenti
a pronunciarsi:
a) il Ministero titolare della vigilanza sulle professioni di cui all'art.
2, lettera a), individuato nell'allegato C al presente decreto. L'allegato
può essere modificato o integrato, tenuto conto delle disposizioni
sopravvenute nei vari settori
professionali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri anche
con la individuazione di professioni aventi i requisiti di cui alla lettera
b) del precedente art. 8;
b) il Ministero per la funzione pubblica, per le professioni che si traducono
in rapporti di pubblico impiego, salvo quanto previsto alle successive
lettere c) e d);
c) il Ministero della sanità per le professioni sanitarie;
d) il Ministero della pubblica istruzione, per il personale docente e
non docente delle scuole materne ed elementari e degli istituti di istruzione
secondaria di primo e secondo grado;
e) il Ministero del lavoro e della previdenza sociale nei casi di attività
professionali per il cui accesso o esercizio è richiesto il possesso
di attestati o qualifiche professionali conseguiti ai sensi della legge
21 dicembre 1978, n. 845
(1), della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (2), o della normativa in materia
di contratti aventi finalità formativa;
f) il Ministero dei trasporti e della navigazione per le professioni marittime;
g) il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministero della pubblica istruzione, in ogni altro caso.
(1) Si tratta
della "Legge quadro in materia di formazione professionale (2) Sono
le "Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro".
14 - PROCEDURA
DI RICONOSCIMENTO. - 1. La domanda di riconoscimento deve essere presentata
al Ministero competente, corredata della documentazione relativa ai titoli
da riconoscere, rispondente ai requisiti indicati all'art. 12.
2. La domanda deve indicare la professione o le professioni di cui all'art.
2, in relazione alle quali il riconoscimento è richiesto.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, il Ministero accerta
la completezza della documentazione esibita, comunicando all'interessato
le eventuali necessarie integrazioni.
4. Per la valutazione dei titoli acquisiti, il Ministero competente indice
una conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (1),
alla quale partecipano i rappresentanti:
a) dei Ministeri indicati all'allegato C;
b) del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie;
c) del Ministero degli affari esteri;
d) del Ministero della pubblica istruzione;
e) del Dipartimento per la funzione pubblica;
f) del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
g) del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica.
5. Nella conferenza sono sentiti un rappresentante dell'ordine o della
categoria professionale ed un rappresentante del Consiglio nazionale della
pubblica istruzione designato dal Ministro per la pubblica istruzione.
La
conferenza è integrata da un rappresentante delle regioni designato
dalla Conferenza Stato-Regio per la valutazione dei titoli di formazione
di competenza regionale.
6. Il riconoscimento viene disposto con decreto del Ministro competente
da emettersi nel termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda,
o della sua integrazione a norma del precedente comma 3.
7. Nei casi di cui all'art. 6, il decreto stabilisce le condizioni del
tirocinio di adattamento o della prova attitudinale, tenendo conto di
quanto disposto dall'art.10, comma 2, individuando l'ente o organo competente
a norma dell'art. 17.
8. Il decreto di cui al comma 6 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
9. I commi 4 e 8 non si applicano se la domanda di riconoscimento ha per
oggetto titoli identici a quelli su cui è stato provveduto con
precedente decreto.
(1) Si tratta delle "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo
e di diritto di accesso ai documenti amministrativi" (cd. trasparenza
degli atti amministrativi).
15 - EFFETTII
DEL RICONOSCIMENTO. - 1. Il decreto di riconoscimento attribuisce al beneficiario
il diritto di accedere alla professione e di esercitarla, nel rispetto
delle condizioni richieste dalla normativa vigente ai cittadini italiani,
diverse dal possesso della formazione e delle qualifiche professionali.
2. Resta salvo il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso
ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche individuati con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 febbraio 1994, n.
174 (1).
(1) Ci si riferisce
al "Regolamento recante norme sull'accesso dei cittadini degli Stati
membri dell'unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni
pubbliche".
16 - USO DEL
TITOLO PROFESSIONALE E DEL TITOLO DI STUDIO. - l. I cittadini di uno Stato
membro della Comunità europea che sono stati ammessi all'esercizio
di una professione ai sensi del presente decreto, fermo il diritto all'uso
del corrispondente titolo professionale previsto in Italia, hanno diritto
di far uso del titolo di studio conseguito nel Paese di origine o di provenienza
nella lingua di tale Stato. Il titolo di studio deve essere seguito dal
nome e dalla sede dell'istituto o della autorità che lo ha rilasciato.
17 - ESECUZIONE DELLE MISURE COMPENSATIVE. - 1. Gli adempimenti relativi
alla esecuzione e valutazione del tirocinio di adattamento e della prova
attitudinale sono di competenza degli enti e degli organi che presiedono
alla tenuta degli albi, elenchi o registri professionali.
2. In assenza degli enti o degli organi di cui al comma 1 provvedono:
a) il Ministro per la funzione pubblica in relazione all'accesso a rapporti
oqualifiche di pubblico impiego;
b) il Ministero della sanità in relazione alle attività
inerenti al settore sanitario;
c) il Ministero del lavoro e della previdenza sociale in relazione ai
casi previsti all'art. 13, comma 1, lettera e), nonché, di concerto
con il Ministero della pubblica istruzione, in relazione ai casi previsti
dal medesimo art. 13, lettera g);
d) il Ministero della pubblica istruzione in relazione ai casi indicati
all'art.13, comma 1, lettera d);
e) il Ministero dei trasporti e della navigazione in relazione ai casi
indicati all'art. 13, comma 1, lettera f).
18 - PROVA
DEI REQUISITI NON PROFESSIONALI. - 1. Nei casi in cui per l'ammissione
all'esercizio della professione sono richiesti requisiti di onorabilità,
di moralità, di assenza di dichiarazione di fallimento, di assenza
di condanne penali, i soggetti che hanno ottenuto il riconoscimento ai
sensi dell'art. 1 possono avvalersi, ai fini della relativa prova, di
documenti rilasciati dalle autorità competenti del Paese di origine
o di provenienza, che attestano il
possesso dei requisiti medesimi.
2. I documenti di cui al precedente comma, se non ne è previsto
il rilascio nel Paese di origine o di provenienza, possono essere sostituiti
da un attestato rilasciato da un organo giurisdizionale o amministrativo,
da un notaio o da un
organismo professionale, certificante il ricevimento di una dichiarazione
giurata, o, se non ammessa, di una dichiarazione solenne, del soggetto
interessato sul possesso del requisito per l'ammissione all'esercizio
della
professione.
3. La sana costituzione fisica o psichica del richiedente può essere
provata con il corrispondente documento prescritto nel Paese di origine
o di provenienza; se tale documento non è prescritto, con attestato
rilasciato da autorità competente
del Paese medesimo, conforme a quanto richiesto dalle disposizioni vigenti
in Italia.
4. Al momento della loro presentazione, i documenti di cui ai precedenti
commi non devono essere di data anteriore a tre mesi e debbono altresì
soddisfare a quanto disposto dal precedente art. 12.
19 - CERTIFICAZIONIi PER IL RICONOSCIMENTO DE1 TITOLI RILASCIATI IN ITALIA.
- l. Ai fini del riconoscimento in altri Paesi della Comunità europea,
il valore abilitante all'esercizio della professione dei titoli di formazione
professionale di cui agli articoli 1 e 4 conseguiti in Italia è
certificato dai Ministeri competenti a norma dell'art. 13.
2. I Ministeri competenti certificano altresì il possesso dei titoli
di formazione indicati all'art. 3, comma 1, lettera b).
3. I predetti Ministeri sono competenti ad individuare le formazioni profes-sionali
equivalenti a norma dell'art. 3, comma 3, da notificare alla Commissione
e agli altri Paesi della Comunità europea a cura del Ministero
degli affari esteri.
20 - RELAZIONE
ALLA COMMISSIONE DELLE COMUNITA' EUROPEE. - l. Al fine di predisporre
la relazione alla Commissione delle Comunità europee sull'applicazione
del presente decreto, i Ministeri competenti mettono a disposizione del
Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie le informazioni
e i dati statistici necessari.
2. Il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie assolve
altresì ai compiti:
a) di coordinatore nazionale presso la Commissione delle Comunità
europee;
b) di informazione sulle condizioni e procedure di riconoscimento dei
titoli di formazione professionale ai sensi del presente decreto.
21 - NORME
DI RINVlO. - 1. Le disposizioni contenute nei provvedimenti elencati nell'allegato
D al presente decreto, relative all'esercizio di attività non salariate,
si applicano anche all'esercizio delle medesime attività svolte
a titolo
subordinato.
22 - MATERIE
NON REGOLATE. - 1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano
alle professioni regolate da direttive della Comunità europea relative
al reciproco riconoscimento di diplomi, né alle attività
formanti oggetto
delle direttive contenute nell'allegato E al presente decreto.
23 - EQUIPARAZIONE
DEI CITTADINI COMUNITARI Al CITTADI ITALIANI NEL SETTORE
DELLE PROFESSIONI MARITTIME. - l. I cittadini degli Stati membri della
Comunità europea sono equiparati ai cittadini italiani ai finì
dell'iscrizione nelle matricole e nei registri di cui agli articoli 118,
119, 120 e 121, relativi al personale marittimo, ed agli articoli 132
e 133, relativi al personale della navigazione interna, del codice della
navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.
2. I cittadini degli Stati membri della Comunità europea sono equiparati
ai cittadini italiani ai fini della formazione degli equipaggi di cui
agli articoli 318 e 319 del codice della navigazione.
Allegati. -
(Omissis).
Direttiva 98/5/CE
del 16 febbraio 1998 (G.U.C.E. 14-3-1998, serie L, n. 77) - Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio volta a facilitare l'esercizio
permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da
quello in cui è stata acquistata la qualifica
Nell'ottica
di una sempre più concreta attuazione del Mercato Unico Euro-peo,
con la progressiva semplificazione della circolazione di beni, servizi,
persone e capitali, si pone la Direttiva 905, che completa l'iter avviato
dalla Direttiva 77/249 ed approdato, attraverso numerosi accordi, alla
Direttiva 89/ 48 (v. in questa Parte/). Quest'ultima, pur disciplinando
il riconoscimento reciproco dei titoli universita-ri conseguiti nei Paesi
membri, prevede, comunque, una procedura troppo complessa, che rende di
fatto complicato l'esercizio di attività professionali al di fuori
del Paese d'origine. Per semplificare l'accesso all'esercizio della professione
di avvocato, così come di altre professioni, è intervenuta
la Direttiva 98/5. Tale direttiva agevola notevolmente l'accesso alla
professione forense di un Paese membro diverso dal proprio. Innanzitutto
è possibile stabilirsi in esso, utilizzando il proprio titolo professionale
di origine. Bisogna poi provare di avere esperito una pratica di tre anni
nel diritto nazionale e comunitario. Se la pratica è inferiore,
si dovrà sostenere una prova attitudinale, limitata alla procedura
nazionale e alla deontologia forense. Nel caso in cui la pratica mancasse
del tutto, ci si dovrà assoggettare alte misure di compensazione
previste dal sistema generale di riconoscimento dei diplomi.
La Direttiva regola l'esercizio della professione in forma associata,
prevedendo la possibilità di operare nell'ambito di una succursale
del proprio studio di origine, collaborando anche con colleghi del posto.
Il Paese ospitante, cooperando con quello di origine, mantiene una potestà
disciplinare nei confronti dei professionisti. La Direttiva 98/5/CE, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee il 14 marzo 1998,
serie L, n. 77, dovrà essere recepita da tutti i Paesi membri entro
il mese di marzo del 2.000. È auspicabile che lo Stato italiano
(contrariamente alla sua tendenza abituale) provveda in tempo utile a
recepire tale direttiva, consentendo, in primis una reale collaborazione
fra i professionisti dei Paesi membri, ed anche creando un nuovo e stimolante
sbocco professionale per i giovani avvocati,
1 - SCOPO, CAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI. - 1. Scopo della presente
direttiva è di facilitare l'esercizio permanente della professione
di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato,
in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita
la qualifica professionale (1).
2. Ai fini della presente direttiva, si intende per
a) "avvocato", ogni persona, avente la cittadinanza di uno Stato
membro, che sia abilitata ad esercitare le proprie attività professionali
facendo uso di uno dei seguenti titoli professionali:
in Belgio: Avocat/Advocaat/Rechtsann alt
in Danimarca: Advokat
in Germania: Rechtsanmalt
in Grecia: diknyopos
in Spagna: Abogado/Advocat/Avogado/Abokatu
in Francia: Avocai
in Irlanda: Barrister/Solicitor
in Italia: Awocato
in Lussemburgo: Avocai
nei Paesi Bassi: Advocaat
in Austria: Rechtsanwalt
in Portogallo: Advogado
in Finlandia: Asianagaja/Advokat
in Svezia: Advokat
nel Regno Unito: Advocate/Barrister/Solicitor
b) "Stato membro di origine", lo Stato membro nel quale l'avvocato
ha acquisito il diritto di utilizzare uno dei titoli professionali di
cui alla lettera a) prima di esercitare la professione di avvocato in
un altro Stato membro;
c) "Stato membro ospitante", lo Stato membro nel quale l'avvocato
esercita secondo le disposizioni della presente direttiva;
d) "ùtolo professionale di origine", il titolo professionale
dello Stato membro nel quale l'avvocato ha acquistato il diritto di utilizzare
tale titolo prima di esercitare la professione di avvocato nello Stato
membro ospitante (2);
e) "studio collettivo", qualsiasi entità, con o senza
personalità giuridica e costituita secondo la legislazione di uno
Stato membro, nell'ambito della quale alcuni avvocati esercitano la loro
attività professionale in comune e sotto una
denominazione comune (3).
f) titolo professionale corrispondente" o -professione corrispondente
-, il titolo professionale o la professione facente capo all'autorità
competente presso la quale l'avvocato si è iscritto a norma dell'articolo
3, e per "autorità competente ", tale autorità.
3. La presente direttiva si applica agli avvocati che esercitano la professione
sia come liberi professionisti che come lavoratori subordinati nello stato
membro di origine e, fatto salvo l'articolo 8, nello Stato membro ospitante.
4. L'esercizio della professione di avvocato, a norma della presente direttiva,
non riguarda le prestazioni di servizi disciplinate dalla direttiva 77/249/CEE
(4)
(1) Tale scopo
è stato perseguito fin dal Trattato di Roma del 1957, che sanciva
la libera circolazione dei lavoratori in Europa; in seguito si sono succedute
numerose direttive; Fra le quali la 89/49CEE (recepita in Italia dal decreto
legi-slativo 115 del 27-1-1992) e la 95/51 CEE (rece-pita dal D.Lgs. 2-5-1994).
La procedura prevista da tali direttive è piuttosto complicata,
e prevede il superamento di prove attitudinali o periodi di "tirocinio
di adattamento", qualora la formazione o il periodo di esercizio
della professione siano inferiori a quanto stabilito nel Paese in cui
si accede.
(2) Tale titolo si acquista in modo diverso nei vari Paesi membri: la
laurea in giurisprudenza non è necessaria nel Regno Unito e in
Irlanda, poiché sono previsti corsi con esami finali presso le
associazioni professionali. In Germania ed in Olanda il tirocinio consiste
in corsi teorico-pratici e praticantato, e per i tedeschi tutte le professioni
legali prevedono la medesima formazione post-universitaria. La Spagna
non prevede praticantato.
Gli esami di abilitazione non sono richiesti nel Regno Unito, in Belgio
e Danimarca. Altra notazione interessante è che larice vincolanti
esistono solo in Italia, Germania e per i bam'ster inglesi (ovvero gli
avvocati abilitati a patrocinare davanti alle giurisdizioni superiori)
[v. 3 nota (1)].
(3) Uno o più avvocati che esercitino in uno Stato membro con il
titolo professionale di origine e siano membri di uno studio collettivo
nello Stato membro di origine, possono esercitare la professione anche
nell'ambito di una agenzia o succursale del loro studio collettivo nello
Stato membro ospitante [v. 11].
(4) La Direttiva 77/249 è stata la prima in materia di libera prestazione
di servizi, ma non precedeva il diritto di stabilimento, cioè "la
libertà, garantita ai cittadini comunitari, di stabilirsi in uno
Stato membro diverso dal proprio, per esercitarvi un'attività non
salariata"; essa prevedeva solo la possibilità di prestare
servizi legali in modo temporaneo e occasionale, in uno Stato membro diverso
da quello in cui si era conseguito il titolo professionale.
2 - DIRITTO
DI ESERCITARE LA PROFESSIONE CON IL PROPRIO TITOLO PROFESSIONALE DI ORIGINE
- Gli avvocati hanno il diritto di esercitare stabilmente le attività
di avvocato precisate all'articolo 5 in tutti gli altri Stati membri con
il proprio titolo professionale di origine.
L'integrazione nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante
è soggetta alle disposizioni dell'articolo 10 (1)
(1) Non sono
più richieste le prove attitudinali o i periodi di tirocinio o
affiancamento di un professionista dello Stato membro ospitante, come
richiedeva la Direttiva 89/48/CEE. È sufficiente aver esercitato
la professione in tale Stato per tre anni, in modo da assimilare le tecniche
processuali e le differenti metodologie giuridiche.
Nel caso in
cui la pratica fosse inferiore, si dovrà sostenere una prova attitudinale
relativa alla procedura nazionale ed alla deontologia forense. Se poi
la pratica mancasse del tutto, si dovranno sostenere le prove previste
dal sistema generale di riconoscimento dei diplomi.
3 - Iscrizione
presso l'autorità competente - 1. L'avvocato che intende esercitare
in uno Stato membro diverso da quello nel quale ha acquisito la sua qualifica
professionale deve iscriversi presso l'autorità competente di detto
Stato
membro.
2. L'autorità competente dello Stato membro ospitante procede all'iscrizione
dell'avvocato su presentazione del documento attestante l'iscrizione di
questi presso la corrispondente autorità competente dello Stato
membro di origine,
Essa può esigere che l'attestato dell'autorità competente
dello Stato membro di origine non sia stato rilasciato prima dei tre mesi
precedenti la sua presentazione, Essa dà comunicazione dell'iscrizione
all'autorità competente dello Stato
membro di origine.
3. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 1:
- nel Regno Unito e in Irlanda, gli avvocati, che esercitano con un titolo
professionale diverso da quelli del Regno Unito e dell'Irlanda si iscrivono
presso l'autorità competente per la professione di barrister o
di advocate, oppure presso
l'autorità competente per la professione di solicitor;
- nel Regno Unito, l'autorità competente per un barrister irlandese
è quellacompetente per la professione di barrister o di advocate
e per un solicitor irlandese è quella competente per la professione
di solicitor;
- in Irlanda, l'autorità competente per un barrister o un advocate
del Regno Unito è quella competente per la professione di barrister
e per un solicitor del Regno Unito quella competente per la professione
di solicitor (1),
4. Quando pubblica i nomi degli avvocati iscritti nei suoi albi professionali,
l'autorità competente dello Stato membro ospitante pubblica anche
i nomi degli avvocati iscritti in forza della presente direttiva.
(1) Ricordiamo
che il barrister o advocate è l'avvocato abilitato ad esercitare
la professione davanti alle superior courts (giurisdizioni superiori).
Il solicitor, invece, non svolge una effettiva funzione di rappresentanza
del cliente, in quanto è abilitato al solo patrocinio davanti alle
giurisdizioni inferiori, ma ha il compito di porre in contratto il cliente
con il barrister, non potendo il cliente direttamente consultare quest'ultimo.
Il solicitor detiene, inoltre, il monopolio in materia di trasferimento
dei diritti immobiliari.
4 - ESERCIZIO
CON IL TITOLO PROFESSIONALE Dl ORIGINE. - 1. L'avvocato che esercita nello
Stato membro ospitante con il proprio titolo professionale di origine
è tenuto ad esercitare facendo uso di questo titolo, che deve essere
indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro
di origine, comunque in modo comprensibile e tale da evitare confusioni
con il titolo professionale dello Stato membro ospitante (1).
2. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 1, lo Stato membro ospitante
può esigere che l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale
di origine aggiunga la denominazione dell'organizzazione professionale
cui appartiene
Parte Vll LA PROFESSIONE IN EUROPA 387
nel quale si
intendeva esercitare l'attività. Di tale meccanismo rimane traccia
nel presente artico-lo, laddove si prevede l'affiancamento del pro-fessionista
da parte di un collega abilitato al patrocinio davanti alla giurisdizione
adita nel Paese membro ospitante.
(4) È
naturale che si richieda una preparazione, specifica per patrocinare davanti
alle Corti supreme, se pensiamo che, nel Regno Unito, ad esempi si opera
una distinzione professionale fra barrister e solicitor, consentendo solo
al primo il patrocinio davanti alle Corti supreme [v. 3 nota (1)].
6 - REGOLE
PROFESSIONALI E DEONTOLOGICHE APPLICABILI. - 1. Indipendentemente dalle
regole professionali e deontologiche cui è soggetto nel proprio
Stato membro di origine, l'avvocato che esercita con il proprio titolo
professionale d'origine è soggetto alle stesse regole professionali
e deontologiche cui sono soggetti gli avvocati che esercitano col corrispondente
titolo professionale dello Stato membro ospitante per tutte le attività
che esercita sul territorio di detto Stato.
2. Gli avvocati che esercitano con il proprio titolo professionale di
origine devono essere adeguatamente rappresentati nelle organizzazioni
professionali dello Stato membro ospitante. Tale rappresentanza prevede
almeno un diritto
di voto per l'elezione degli organi di dette organizzazioni.
3. Lo Stato membro ospitante può imporre all'avvocato che esercita
con il proprio titolo professionale di origine l'obbligo di sottoscrivere
un'assicurazione per la responsabilità professionale o l'obbligo
di affiliarsi ad un fondo di garanzia professionale, secondo la normativa
che disciplina le attività professionali esercitate sul suo territorio.
L'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine
è tuttavia dispensato dall'osservanza di tale obbligo, qualora
documenti di avere sottoscritto un'assicurazione o di essere coperto da
una garanzia secondo
la normativa dello Stato membro di origine, nella misura in cui le modalità
e l'estensione della copertura siano equivalenti. Qualora l'equivalenza
sia solo parziale, l'autorità competente dello Stato membro ospitante
può esigere che
l'interessato sottoscriva un'assicurazione o una garanzia complementare
per coprire gli elementi che non risultino già coperti dall'assicurazione
o dalla garanzia sottoscritta secondo la normativa dello Stato membro
d'origine (1).
(1) La presente
disposizione è diretta a consentire una piena integrazione del
professionista ponendolo in una posizione di parità rispetto ai
colleghi del Paese membro ospitante, in modo da consentire il regolare
svolgimento della attività professionale.
7 PROCEDIMENTI
DISCIPLINARI- 1. Se l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale
di origine non ottempera agli obblighi vigenti nello Stato membro ospitante
si applicano le regole di procedura, le sanzioni e i mezzi di
ricorso previsti nello Stato membro ospitante.
2. Prima di avviare un procedimento disciplinare nei conFronti dell'avvocato
che esercita con il proprio titolo professionale d'origine, l'autorità
competente dello Stato membro ospitante ne dà comunicazione con
la massima sollecitudine all'autorità competente dello Stato membro
di origine fornendo a questa ogni informazione utile. Il primo comma si
applica, mutatis mutandis, allorché un procedimento disciplinare
è avviato dall'autorità competente dello Stato membro d'origine,
che ne informa l'autorità competente dello Stato o degli Stati
membri ospitanti.
3. Senza pregiudizio del potere decisionale dell'autorità competente
dello Stato membro ospitante, questa coopera per tutto lo svolgimento
del procedimento disciplinare con l'autorità competente dello Stato
membro di origine. In particolare, lo Stato membro ospitante prende le
disposizioni necessarie affinché l'autorità competente dello
Stato membro di origine possa presentare le proprie osservazioni dinanzi
agli organi competenti per i ricorsi.
4. L'autorità competente dello Stato membro di origine decide,
secondo le proprie norme sostanziali e procedurali, quali conseguenze
debbano trarsi dalla decisione presa dall'autorità competente dello
Stato membro ospitante nei confronti dell'avvocato che ivi esercita con
il proprio titolo professionale d'origine.
5. Pur non costituendo una condizione preliminare della decisione dell'autorità
competente dello Stato membro ospitante, la revoca temporanea o definitiva
dell'abilitazione all'esercizio della professione disposta dall'autorità
competente dello Stato membro di origine comporta automaticamente, per
l'avvocato che ne è oggetto, il divieto temporaneo o definitivo
di esercitare con il proprio titolo professionale di origine nello Stato
membro ospitante (1).
(1) La collaborazione &a le autorità del Paese d'origine e
quelle del Paese ospitante garantisco- no un trattamento equo al professionista,
e la giusta valutazione dell'illecito commesso.
8 - ESERCIZIO
NELL'AMBITO DI UN RAPPORTO SUBORDINATO. - L'avvocato iscritto nello Stato
membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare
la professione come lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un'associazione
o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, qualora lo
Stato membro ospitante lo consenta agli avvocati iscritti con il titolo
professionale che esso rilascia (1).
(1) La "società
di professionisti" è un istituto che esiste da tempo in molti
paesi europei. Per la normativa italiana in materia [v. Parte VI]. L'Italia
si è uniformata ai parametri introdotti da Gran Bretagna, Francia
e Germania con la legge 266/ 1997 [v. Parte VI]. L'art. 24 di tale legge,
infatti, ha abrogato il divieto di costituire società tra professionisti;
tale disposizione, combinata con la previsione dell'art. Il della presente
direttiva, sembrerebbe estendere anche ai professionisti italiani la possibilità
di avviare succursali degli studi esi-stenti in Italia, continuando all'estero
il proprio lavoro di équipe, anche avvalendosi dell'opera di colleghi
dello Stato membro ospitante.
9 - MOTIVAZIONE E RICORSO GIURISDIZIONALE- Le decisioni con cui viene
negata o revocata l'iscrizione di cui all'articolo 3 e le decisioni che
infiggono sanzioni disciplinari devono essere motivate. Tali decisioni
sono soggette a
ricorso giurisdizionale di diritto interno (1).
(1) L'obbligatorietà della motivazione garantisce il professionista
da ogni arbitrio, in caso di negazione o revoca della iscrizione presso
l'Autorità competenti del Paese membro ospitante.
10 - ASSIMILAZIONE
ALL''AVVOCATO DELLO STATO MEMBRO OSPITANTE, - 1. L'avvo cato che eserciti
con il proprio titolo professionale di origine e che abbia comprovato
l'esercizio per almeno tre anni di un'attività elettiva e regolare
nello Stato membro ospitante, e riguardante il diritto di tale Stato,
ivi compreso il diritto comunitario, è dispensato dalle condizioni
di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 89/48/CEE
per accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante.
Per "attività effettiva e regolare" si intende l'esercizio
reale dell'attività senza interruzioni che non siano quelle dovute
agli eventi della vita quotidiana. Grava sull'interessato l'onere di provare
all'autorità competente dello Stato membro ospitante l'esercizio
di tale attività effettiva e regolare per una durata
minima di tre anni nel diritto dello Stato membro ospitante. A tal fine:
a) l'avvocato fornisce all'autorità competente dello Stato ospitante
ogni informazione e documento utile, in particolare per quanto attiene
al numero e alla natura delle pratiche trattate;
b) l'autorità competente dello Stato membro ospitante può
verificare il carattere regolare ed effettivo dell'attività esercitata
e, se necessario, invitare l'avvocato a fornire oralmente o per iscritto
chiarimenti o precisazioni supple-
mentari in merito alle informazioni e ai documenti menzionati nella lettera
a). La decisione dell'autorità competente dello Stato membro ospitante
di non concedere tale dispensa qualora non sia fornita la prova che i
requisiti di cui al
primo comma sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta
a ricorso giurisdizionale di diritto interno (1).
2. Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine
in uno Stato membro ospitante può in qualsiasi momento chiedere
il riconoscimento del proprio diploma a norma della direttiva 89/48/CEE,
allo scopo di
accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante e di
esercitarla con il titolo professionale corrispondente a tale professione
in detto Stato membro.
3, Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine,
che dimostri un'attività effettiva e regolare per un periodo di
almeno tre anni nello Stato membro ospitante, ma di durata inferiore relativamente
al diritto di tale Stato
membro, può ottenere dall'autorità competente di detto S
tata membro l'accesso alla professione di avvocato dello Stato membro
ospitante e il diritto di esercitarla con il titolo professionale corrispondente
a tale professione in detto Stato membro, senza dover rispettare le condizioni
di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva
89/48/CEE, alle condizioni e secondo le modalità qui di seguito
indicate:
a) l'autorità dello Stato membro ospitante prende in considerazione
l'attività effettiva e regolare nel corso del periodo sopra precisato,
nonché le conoscenze e le esperienze professionali nel diritto
dello Stato membro ospitante, nonché la partecipazione del richiedente
a corsi o seminari che vertono sul diritto dello Stato membro ospitante,
compresi l'ordinamento della professione e la deontologia professionale;
b) l'avvocato fornisce all'autorità dello Stato membro ospitante
tutte le informazioni e i documenti utili, in particolare sulle pratiche
da lui seguite. La valutazione dell'attività effettiva e regolare
dell'avvocato svolta nello Stato ospitante, nonché la valutazione
della sua capacità di proseguire l'attività ivi esercitata
viene effettuata nell'ambito di un colloquio con l'autorità competente
dello Stato membro ospitante, che mira a verificare il carattere regolare
ed
effettivo dell'attività esercitata. La decisione dell'autorità
competente dello Stato membro ospitante di non concedere l'autorizzazione
qualora non sia fornita la prova che i requisiti stabiliti al primo comma
sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale
di diritto interno.
4. L'autorità competente dello Stato membro ospitante può,
con decisione motivata soggetta a un ricorso giurisdizionale di diritto
interno, non ammettere l'avvocato al beneficio delle disposizioni del
presente articolo qualora ritenga
che l'ordine pubblico sarebbe pregiudicato, in particolare a causa di
procedimenti disciplinari, di reclami o di altri incidenti di qualsiasi
natura.
5. I rappresentanti dell'autorità competente incaricati di istruire
le domande garantiscono il segreto su tutte le informazioni ottenute.
6. L'avvocato che accede alla professione di avvocato dello Stato membro
ospitante secondo le modalità previste dai paragrafi 1, 2, e 3
ha diritto di far uso, a fianco del titolo professionale corrispondente
alla professione di avvocato
nello Stato membro ospitante, del titolo professionale d'origine indicato
nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro d'origine.
(1) Con l'esercizio
dell'attività professionale nello Stato membro per tre anni, il
professionista acquista il diritto ad accedere alla professione di avvocato
nello Stato membro ospitante. Questa è la disposizione-chiave,
che lo dispensa dal sostenere la lunga e complicata procedura precedentemente
prevista dalla Direttiva 89/48/CEE [v. 5 nota (3)).
Se, però, tale attività non verteva, se non in parte, sul
diritto di tale Stato, né sul diritto comunitario, il professionista
dovrà comunque affrontare una prova attitudinale, limitata al diritto
procedurale e alla deontologia dello Stato membro ospitante. Nel caso
in cui l'avvocato non abbia esercitato per tre anni nello Stato membro
ospitante, dovrà sostenere le prove previste dal sistema generale
di riconoscimento dei diplomi.
11 - ESERCIZIO IN COMUNE DELLA PROFESSIONE. - Ove l'esercizio in comune
della professione sia consentito agli avvocati che esercitano l'attività
col titolo professionale corrispondente nello Stato membro ospitante,
agli avvocati che intendono esercitare l'attività con tale titolo
o che si iscrivono presso l'autorità competente si applicano le
seguenti disposizioni:
1) uno o più avvocati che esercitino col proprio titolo professionale
d'origine in uno Stato membro ospitante e membri di uno stesso studio
collettivo nello Stato membro di origine, possono praticare la loro attività
professionale nell'ambito di una succursale o di un'agenzia del loro studio
collettivo nello Stato membro ospitante. Tuttavia, quando le regole fondamentali
che disciplinano la costituzione dell'attività di tale studio collettivo
nello Stato membro di origine siano incompatibili con le regole fondamentali
derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
dello Stato
membro ospitante, queste ultime regole si applicano se ed in quanto la
loro osservanza sia giustificata dall'interesse generale della tutela
dei clienti e dei terzi;
2) ogni Stato membro offre la possibilità a due o più avvocati
provenienti dallo stesso studio collettivo o dallo stesso Stato membro
d'origine e che esercitano sul suo territorio con il loro titolo professionale
d'origine di accedere ad una forma d'esercizio in comune della professione.
Agli stessi avvocati devono essere accessibili tutte le forme di esercizio
in comune della professione eventualmente consentite dall'ordinamento
dello Stato membro ospitante. Le disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative dello Stato membro ospitante disciplinano le modalità
secondo le quali tali avvocati esercitano in comune le loro attività;
3) lo Stato membro ospitante prende i provvedimenti necessari per consentire
l'esercizio in comune delle attività professionali anche:
a) a più avvocati provenienti da Stati membri diversi che esercitano
con il loro titolo professionale di origine;
b) a uno o più avvocati di cui alla lettera a) e a uno o più
avvocati dello Stato membro ospitante.
Le modalità secondo le quali detti avvocati esercitano in comune
la loro attività nello Stato membro ospitante sono disciplinate
dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale
Stato membro.
4) L'avvocato che intenda esercitare col proprio titolo professionale
di origine informa l'autorità competente dello Stato membro ospitante
di far parte di uno studio collettivo nel proprio Stato membro di origine
e fornisce tutte le
informazioni utili riguardanti quest'ultimo.
5) In deroga ai punti da 1 a 4 lo Stato membro ospitante, qualora vieti
agli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale corrispondente
l'esercizio della professione di avvocato nell'ambito di uno studio in
cui operino persone estranee alla professione, può rifiutare ad
un avvocato iscritto col suo titolo professionale d'origine di esercitare
sul proprio territorio in qualità di membro di tale studio. Si
considera che nello studio operano persone estranee alla professione allorché:
- il capitale di quest'ultimo è detenuto in tutto o in parte, o
- la denominazione con la quale viene esercitata la professione è
utilizzata, ovvero
- il potere decisionale viene esercitato di fatto e di diritto, da persone
non aventi la qualifica di avvocato a norma dell'articolo 1, paragrafo
2.
Qualora le norme fondamentali alla base di un simile studio collettivo
di avvocati nello Stato membro di origine siano incompatibili con le norme
in vigore nello Stato membro ospitante o con le disposizioni di cui al
primo comma, lo Stato membro ospitante può, senza le restrizioni
di cui al punto 1), opporsi all'apertura di una filiale o di un'agenzia
nel proprio territorio (1).
(1) V. art.
8 nota (1).
12 - DENOMINAZIONE
DELLO STUDIO COLLETTIVO. - Indipendentemente dalle modalità secondo
le quali esercitano la professione con il loro titolo professionale di
origine nello Stato membro ospitante, gli avvocati possono
menzionare la denominazione dello studio collettivo di cui fanno parte
nello Stato membro di origine.
Lo Stato membro ospitante può esigere che, oltre alla denominazione
di cui ai primo comma sia indicata anche la forma giuridica dello studio
collettivo nello Stato membro di origine e/o i nomi dei suoi membri che
esercitano nel
proprio territorio (1).
(1) Tale disposizione
mira a rendere quanto più in modo da consentire l'integrazione
nel mondo del trasparente possibile la posizione del professionista, lavoro
del Paese membro ospitante in modo corretto.
13 - COOPERAZIONE
FRA LE AUTORITÀ COMPETENTI DELLO STATO MEMBRO OSPITANTE E DELLO
STATO MEMBRO DI ORIGINE E RISERVATEZZA. - Allo scopo di facilitare l'applicazione
della presente direttiva ed evitare che le sue disposizioni siano eluse
al solo scopo di sottrarsi all'osservanza della normativa vigente nello
Stato membro ospitante, le autorità competenti di questo e dello
Stato membro d'origine collaborano strettamente e si accordano reciproca
assistenza. Esse garantiscono la riservatezza delle informazioni che si
comunicano (1) (2).
(1) V. art.
7 nota (1).
(2) La cooperazione fra le Autorità competenti degli Stati membri
è indispensabile per garantire una corretta applicazione del sistema
introdotto da questa direttiva ed impedire che i diritti concessi ai suoi
beneficiari vengano utilizzati in modi non consentiti. Lo scambio di informazioni,
inol-tre, potendo riguardare i fascicoli dei clienti, richiedi l'osservanza
del più rigoroso dovere di riservatezza.
14 - DESIGNAZIONE DELLE AUTORITÀ COMPETENTI. - Al più tardi
il 14 marzo 2000(1) gli Stati membri designano le autorità competenti
a ricevere le domande e a prendere le decisioni contemplate dalla presente
direttiva. Essi ne informano gli altri Stati membri e la Commissione,
(1) Tale data
corrisponde al termine di 24 mesi della CE 14 marzo 1998, n. 77, serie
L. ed è entrata dalla pubblicazione della Direttiva: tale pubblica-
in vigore lo stesso giremo. zione è, infatti, avvenuta sulla Gazzetta
Ufficiale
15 - RELAZIONE
DELLA COMMISSIONE- Entro dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore
della presente direttiva, la Commissione presenterà una relazione
al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva.
Dopo aver proceduto a tutte le consultazioni necessarie, essa presenterà
in tale occasione le sue conclusioni e le eventuali modifiche da apportare
al sistema in vigore (1).
(1) La disposizione
mira ad adeguare la direttiva rendendola funzionale allo Svolgimento dell'attitiva
alle nuove e diverse esigenze presumibilmente vità professionale.
te manifestatesi in dieci anni, migliorandola e
16 - RECEPIMENTO
- 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari
ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro
il 14 marzo 2000 (1). Essi ne informano immediatamente la
Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste
contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di
un siR'atto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità
del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni
essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla
presente direttiva.
(1) Poiché
la presente direttiva è stata pubbli- ultimo per attuame il recepimento
è il 14 marzo
cata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità eu- 2.00O [v. 14 nota
(1)].
ropee del 14 marzo 1998, serie I n. 77, il termine
17 - La presente
direttiva entra in vigore il giamo della pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
18 - Destinatari.
- Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
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